Silvia Percussi è nata a Firenze. La sua famiglia, che lei definisce un po’ “stramba”, fatta di pittori e di professori

di musica , da parte di sua madre, le ha dato l’input per rimanere impigliata in questo groviglio artistico che sin da piccola ha coinvolto la sua vita. In particolar modo sono stati importanti i contatti con sua zia Evandra, che, allieva di Rosai, la portava quotidianamente in quella Firenze fatta di studi artistici di noti pittori e gallerie varie, dove le avanguardie artistiche del dopoguerra primeggiavano. Poi i contatti con lo zio Luiso Sturla, pittore informale, che ha fatto parte del MAC di Milano. Crescere con questi stimoli ha fatto sì che Silvia non fosse la solita persona “normale”, ma che anche lei volesse esprimere le sue emozioni tramite la forma dell’arte pittorica. Scarabocchiare, disegnare, dipingere su fogli e quaderni fin da ragazzina e poi su tele nel suo amato studio tra i tetti del centro storico di Pistoia sono stati e sono tutt’ora la sua passione quotidiana.

Lo studio è il suo regno, la sua isola felice, il suo rifugio e come un riccio vi si rinchiude e le emozioni, sia felici che infelici, vengono tradotte in triangoli, rettangoli, quadrati e così via. Emozioni fatte di colore, ma anche di materiali vari. Sabbie, chiodi, viti, garze, juta, carte e cartoncini, materiali poveri, di cui Silvia è padrona.